CIDMA

Il Centro internazionale di documentazione sulla mafia e del movimento antimafia, ospitato nel complesso San Ludovico, nasce a Corleone nel 2000.

Il Centro internazionale di documentazione sulla mafia e del movimento antimafia, ospitato nel complesso San Ludovico, nasce a Corleone nel 2000. È il 12 dicembre quando viene inaugurato alla presenza, tra gli altri, del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e del vice segretario generale delle Nazioni Unite, Pino Arlacchi, in rappresentanza di Kofi Annan, segretario generale dell’Onu. 

Scopo dell’associazione senza scopo di lucro che ha fondato il CIDMA è quello di promuovere lo studio e la conoscenza del fenomeno mafioso e del movimento antimafia. Ogni anno, sono migliaia i turisti che lo visitano e che hanno la possibilità di conoscere uno spaccato intenso della storia italiana. Grazie alle recensioni dei visitatori, per tre anni di fila il CIDMA ha ricevuto il prestigioso certificato di eccellenza di Tripadvisor.

Il complesso San Ludovico risale al XVII secolo quando, alla chiesa di San Ludovico viene annesso un orfanotrofio per bambine, che rimase aperto fino al 1968. Si sviluppa su due piani che si affacciano su un chiostro interno. 

Il percorso all’interno del CIDMA si snoda attraverso alcune stanze principali.

La stanza dei faldoni 

Qui sono conservati i documenti del cosiddetto “Maxiprocesso” con cui, nel 1986, furono portati alla sbarra 475 mafiosi. Tutto scaturì dall’arresto di Tommaso Buscetta in Brasile, nel 1983, e dalla sua decisione di collaborare con la giustizia. Giovanni Falcone volò in sud America per interrogarlo e da quel momento il velo che copriva Cosa Nostra è stato stracciato. 

I documenti custoditi al CIDMA sono stati donati dalla Camera penale del tribunale di Palermo e sono una testimonianza del lavoro di magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tra i faldoni ci sono anche le dichiarazioni di Buscetta. 

La stanza dei messaggi

Questa è la sala in cui sono esposte le fotografie di Letizia Battaglia, collaboratrice del giornale L’Ora, da sempre in prima linea nella cronaca di eventi di mafia. Le immagini di Letizia Battaglia, che nel 1974 fondò a Palermo l’agenzia “Informazione fotografica” dopo una parentesi di vita a Milano, lasciano poco all’immaginazione. Sono foto crude, dirette, dure. Con la sua indiscutibile abilità è riuscita a cogliere minimi particolari del modo di agire della mafia degli anni ’70 e ’80. La stanza dei messaggi viene chiamata così perché anche dalla posizione dei cadaveri è stato possibile risalire alla strategia comunicativa della mafia. 

La stanza del dolore 

Anche questo ambiente è denso di immagini. Sono scatti di Letizia Battaglia e della figlia Shobha. Shobha, nata a Palermo, ha vissuto sempre tra l’Italia e l’India, diventata la sua seconda casa. Nel 1981 ha iniziato a lavorare al giornale L’Ora come fotografa insieme alla madre. Quest’ultima ha immortalato i volti e la disperazione di chi perdeva qualcuno per mano mafiosa. La madre invece ha documentato con la sua macchina fotografica i delitti di mafia. Non ci sono però filtri, non c’è nessun tentativo di addolcire le varie situazioni. In scena va solo un elemento: il dolore della perdita da parte di mogli, madri, figli. 

Sala Carlo Alberto Dalla Chiesa 

In questa stanza, dedicata al generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia a Palermo il 3 settembre del 1982, si riconoscono i volti dei principali boss mafiosi: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella. A queste foto sono state affiancate quelle di tanti uomini che hanno combattuto la criminalità organizzata.

Ultimo aggiornamento

27 Dicembre 2019, 17:09

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