Ficuzza

A circa 40 Km da Palermo, percorrendo la strada statale che conduce a Corleone, immersa nell’omonimo bosco, si trova la borgata di Ficuzza.

A circa 40 Km da Palermo, percorrendo la strada statale che conduce a Corleone, immersa nell’omonimo bosco, si trova la borgata di Ficuzza. Il territorio che la circonda, abitato sin dalla preistoria, reca tuttora i segni di antichissime civiltà.

Rocca Busambra (1915 metri), imponente massiccio calcareo, si affaccia su un’enorme distesa verde ricca di valli e torrenti nella quale vivono innumerevoli specie animali e vegetali. Dalla sua estremità è possibile ammirare per intero la superficie boschiva, oggi riserva naturale gestita dall’Azienda foreste demaniali della Regione Siciliana.

Questo splendido paesaggio ammaliò Ferdinando IV di Borbone, al quale si deve non solo l’accorpamento di vari feudi in un unico bosco, ma anche la nascita di questo piccolo borgo: fu nel 1798 che il re, in fuga dai tumulti di Napoli, scelse questo territorio per adibirlo a riserva reale di caccia, la sua principale passione. I segni del suo passaggio sono già presenti nell’obelisco che è l’accesso a Ficuzza: la dicitura che esso reca, indirizza il visitatore verso quella “regias aedes” che resta oggi l’impronta più tangibile della sua presenza.

Non trovando nei territori circostanti nessuna masseria che potesse ospitare lui e tutto il suo seguito, il re fece progettare e costruire un palazzo che gli servisse da residenza.

E chi oggi visita Ficuzza non può fare a meno di notare la magnificenza della “Real casina di caccia” incastonata in quello splendido paesaggio naturale che le fa da cornice e che rende la borgata fuori dal tempo e dai frenetici ritmi quotidiani.

I lavori per la sua costruzione ebbero inizio nel 1802 e si protrassero fino al 1807. Di stile neoclassico, simile alla reggia di Caserta, il palazzo, a pianta rettangolare, consta di un cantinato seminterrato al tempo adibito a riserva alimentare, di un piano terra ed un primo piano. Nel prospetto frontale vi è l’ingresso principale che serviva al re per accedere direttamente con la carrozza nella sua residenza. A sinistra dell’edificio si trova l’ingresso per la servitù che occupava tutto il piano nel quale si trovavano anche la cucina e la dispensa; a destra, invece, l’ingresso della cappella reale (tuttora utilizzata).

Nelle due estremità opposte ci sono due orologi eseguiti dall’artista Giuseppe Lorito. Il piano nobile è in cima ad una scala realizzata in marmo rosso proveniente da cave locali (Scalilli) lungo la quale è possibile ammirare due rilievi su pietra arenaria che rappresentano le aquile borboniche con lo stemma reale. Da qui si diparte un lungo corridoio nel quale si susseguono l’appartamento reale e gli alloggi per i nobili che il re ospitava in occasione di feste e battute di caccia che lui stesso meticolosamente organizzava.

Oltre che i numerosi reperti archeologici della zona, questa parte oggi ospita i paramenti sacri della cappella, alcune tele e antichi registri. La stanza reale, l’unico ambiente rimasto intatto, ha una parete aperta dal lato del corridoio e presenta quattro colonne in marmo bianco.

Sebbene molte delle opere già inventariate nel 1815 (tele, drappi, arazzi, mobili e statue) siano andate perse durante i numerosi saccheggi cui il palazzo fu sottoposto nel corso dei secoli, molte altre invece sono state recuperate e conservate.

Quando, dopo il Congresso di Vienna, il re tornò a Napoli, iniziò il periodo di decadenza del palazzo e delle sue aree limitrofe: benché avesse lasciata arredata la reggia che lo aveva visto protagonista, nel corso dei secoli molti furono i saccheggi che la interessarono, soprattutto nel periodo della rivolta palermitana. Durante la seconda guerra mondiale, arrivarono anche i tedeschi il cui comando si insediò nel palazzo, così come documentato dalle scritte ancora visibili nei sotterranei.

 

 

Ultimo aggiornamento

9 Dicembre 2019, 17:13

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